Il valore delle relazioni nell’arte: la mostra di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi

Il valore delle relazioni nell’arte: la mostra di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi

a cura di
redazione
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“…La mia unica regola è non avere regole…”

Quando si pensa alla figura dell’artista, è facile scivolare nel cliché del genio solitario, incompreso, magari tormentato, alcolizzato o persino pazzo. Questo immaginario, alimentato da una narrazione romantica, distorce una realtà ben più articolata e sfaccettata. Le vite degli artisti possono rivelarsi più “normali” del previsto, e la solitudine matta e disperatissima rappresenta spesso solo una piccola parte del quadro. 

Per quanto solitario, raramente l’artista è completamente avulso da un tessuto di relazioni e affetti che, in alcuni casi, sono fonte di ispirazione o persino di influenza per il suo lavoro. È questo il caso di Helen Frankenthaler (1928-2011), quota rosa di spicco dell’astrazione americana del dopoguerra, celebrata fino a domenica in una grande retrospettiva a Palazzo Strozzi. “Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole” – una delle monografiche più ambiziose a livello europeo, nonché la più completa rassegna mai dedicata all’artista in Italia – presenta il lavoro di Frankenthaler attraverso la lente delle sue relazioni, con circa trenta dipinti e sculture eseguite tra il 1953 e il 2002, poste in dialogo con opere di altri grandi artisti a cui fu legata da profonda amicizia e amore. 

Fin da giovanissima, Helen Frankenthaler sceglie di essere un’artista, trovando nel confronto con gli altri un metodo essenziale per pensare e sviluppare il proprio linguaggio. Subito dopo gli studi, quando decide di abbracciare l’astrazione, misura i suoi progressi rapportandosi con i grandi nomi della scuola di New York. Franz Kline, Barnett Newman, Willem de Kooning, per citarne alcuni, sono per lei punti di riferimento, mentre Jackson Pollock – conosciuto durante le gite nel suo studio di Long Island, accompagnata dal compagno di allora, il celebre critico Clement Greenberg – l’aiuta a vedere l’astrazione come un linguaggio simbolico arricchito da morfologie organiche, ambiguità e processi euristici. Più tardi, Frankenthaler stringe amicizia con Mark Rothko, presente in mostra con Untitled del 1949. «Quello che è stato Pollock per Frankenthaler negli anni Cinquanta. Rothko lo è stato nei primi anni Sessanta», scrive Douglas Dreishpoon, curatore della mostra e Direttore dell’Helen Frankenthaler Catalogue Raisonné, nel catalogo, edito da Marsilio Arte. «Un catalizzatore per dipingere un altro tipo di immagine astratta». 

Tra gli amici più cari di Helen Frankenthaler ci sono anche tre scultori: David Smith, Anne Truitt e Anthony Caro, tutti rappresentati in mostra. La loro amicizia si snoda nell’arco di cinquant’anni, alimentato da un intenso rapporto epistolare – le lettere sono raccolte nel catalogo della mostra – in cui gli artisti condividono riflessioni sulla vita, i successi e le difficoltà. Il rapporto di amicizia si consolida nelle numerose inaugurazioni della vivace scena artistica newyorkese, nelle visite agli studi e nelle cene organizzate dalla stessa Helen nel suo appartamento nell’Upper East Side. 

Quella casa, creata insieme al marito Robert Motherwell, sposato nel 1958, era non solo un luogo di vita, ma uno spazio simbolico del loro sodalizio sentimentale e artistico. Emblematico il soggiorno, evocato in mostra da una gigantografia: sopra il camino, un Untitled di Rothko del 1949, affiancato a sinistra da Mountains and Sea di Frankenthaler – opera in cui l’artista sperimenta per la prima volta la tecnica distintiva del soak-stain – e a destra da Elegy to the Spanish Republic No. 70 di Motherwell (1961). Sul pavimento, la scultura Portrait of the Eagle’s Keeper di Smith – inclusa in mostra – testimonia il dialogo continuo tra pittura e scultura che alimentava la profondità di questi rapporti. 

La mostra di Palazzo Strozzi non si limita a celebrare Helen Frankenthaler come una delle poche artiste capaci di affermare la propria voce e ottenere riconoscimenti già in vita, ma offre anche l’opportunità di rileggere il suo lavoro con occhi nuovi. Per Frankenthaler, il confronto con gli altri è stato uno strumento essenziale per rimettere in discussione le basi della pittura e per vivere il processo creativo libero da schemi e regole prestabilite.

«Che si tratti di pittori o scultori», scrive Dreishpoon, «non importa, il messaggio è il medesimo: non avere regole significa non compiacersi mai di come si realizzano le proprie opere, dei materiali che si utilizzano, dei risultati ottenuti. La sorpresa e il fallimento sono parte del processo creativo. Lo stesso vale per la sperimentazione costante, per il superamento di ciò che si è già fatto al fine di potersi esprimere in modo nuovo».  

Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole
Firenze, Palazzo Strozzi
Fino a domenica 26 gennaio 2025 

Immagini: “Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2024. Photo OKNOstudio © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York / SIAE, Rome